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Cari (ex) colleghi,
quello che segue rappresenta, come è normale per un post su internet, uno sfogo personale dettato dall’incapacità dello scrivente di comunicare in altra maniera. Per questo, se doveste trovare alcune delle mie parole offensive o rancorose non dateci troppo peso: offendersi per un post su facebook è tra le poche mosse più stupide rispetto a quella di scriverne uno. D’altra parte mi interessa sollevare alcune domande a cui ciascuno può rispondere secondo la propria coscienza, anche ignorando le conclusioni a cui, per il momento, sono arrivato io. Continua a leggere
Poche volte accade che la lettura di un libro sia in grado di apportare modifiche immediatamente percepibili nella vita di tutti i giorni. A me è capitato, non nel senso di un’improvvisa illuminazione, ma in quello di un grosso contributo apportato dalla lettura nel maturare una svolta che già covavo autonomamente. La svolta consiste nel fatto che oggi, a distanza di qualche anno da quella lettura, non insegno più a scuola. Per mia scelta e senza alcun rimorso. Continua a leggere
Dopo qualche anno di silenzio, Sprofessori riprende le pubblicazioni con un altro testo di Paul Lockhart dedicato alla matematica. Non che si sia esaurito del tutto il nostro bisogno di approfondire la critica al buonismo ipocrita di tutti i riformatori della scuola: è solo rimandata a quando avvertiremo la presenza di orecchie disposte ad ascoltarla. Per ora ci consoliamo con la nostra piccola rivoluzione personale (lo spostamento nelle nostre caselle mail della cartella “Convocazioni” all’interno di quella “Spam”) e con questa perla di saggezza di Katharine Hepburn: “Se fai sempre quello che ti piace, almeno una persona è felice”.
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Come critici dell’autorità in genere e dell’obbligo scolastico in particolare, ci siamo spesso imbattuti nell’accusa di voler lasciar marcire nell’ignoranza le generazioni future. Dal canto nostro, continuiamo a coltivare il dubbio che la scuola sia una delle cause dell’ignoranza, piuttosto che un rimedio. Continua a leggere
Finalmente i tuoi anni di studio, i sacrifici tuoi e dei tuoi genitori stanno per portare il loro frutto: la speranza di un posto fisso. Uno dei migliori, secondo quanto osservava Giovanni Papini un secolo fa: una professione ritenuta “nobile” e che offre, in più, tre mesi di vacanza l’anno e qualche piccola beneficiata di vanità. Anche uno dei più difficili da conquistare però, almeno a quel che sembra oggi in Italia Continua a leggere