LETTERA APERTA AGLI INSEGNANTI DI MATEMATICA

Se non vi interessa esplorare il vostro universo immaginario personale, se non vi interessa fare delle scoperte e cercare di comprenderle, come potete definirvi insegnanti di matematica? Se non avete un rapporto personale con la materia che insegnate, se non vi dà emozioni, se non vi fa correre brividi lungo la schiena, allora è meglio che troviate qualcos’altro da fare. Vi piace lavorare con i ragazzi e fare gli insegnanti è il vostro vero desiderio? Perfetto. Ma insegnate qualcosa che abbia un vero significato per voi, su cui abbiate qualcosa da dire.
Paul Lockhart, Lamento di un matematico

Cari (ex) colleghi,

quello che segue rappresenta, come è normale per un post su internet, uno sfogo personale dettato dall’incapacità dello scrivente di comunicare in altra maniera. Per questo, se doveste trovare alcune delle mie parole offensive o rancorose non dateci troppo peso: offendersi per un post su facebook è tra le poche mosse più stupide rispetto a quella di scriverne uno. D’altra parte mi interessa sollevare alcune domande a cui ciascuno può rispondere secondo la propria coscienza, anche ignorando le conclusioni a cui, per il momento, sono arrivato io.

L’ignoranza matematica diffusa tra la popolazione è in qualche misura responsabilità degli insegnanti?

Quando parlo di ignoranza matematica non mi riferisco a qualche competenza o abilità particolare ma ad un dato generale che mi sembra innegabile: la stragrande maggioranza delle persone non ha idea di cosa sia la matematica. Ciò contrasta con un altro fatto evidente: la stragrande maggioranza delle persone è esposta svariate ore a settimana ad un rituale chiamato “ora di matematica” dall’infanzia fino all’età adulta. Se ne arguisce che la scuola non fornisca alcuna idea di cosa sia la matematica o, che è peggio, che ne fornisca una piuttosto confusa. Magari non tutta, ma un po’ di responsabilità penso vada attribuita agli insegnanti.

Insegnare matematica è diverso da insegnare religione?

Chi insegna matematica può essere spinto a questa professione da tre categorie di interessi, distinti ma intrecciati:

  1. gli alunni,

  2. lo stipendio,

  3. la matematica.

In una decina d’anni di insegnamento mi è capitato spessissimo di partecipare o (più frequentemente) assistere a discussioni tra colleghi su temi pedagogici e sindacali. Quasi mai ho parlato o sentito parlare di matematica. Dal mio canto, ho lasciato l’insegnamento scolastico perché non sono riuscito a farne una professione che avesse qualcosa a che fare con la matematica. Gli alunni e lo stipendio non mi fanno schifo. Ma non mi bastano e per niente al mondo farei l’insegnante di religione.

Cos’è la matematica?

Fare matematica significa interrogarsi su alcuni prodotti della nostra immaginazione. Questi oggetti (numeri, forme geometriche, funzioni, ecc.) vivono di vita propria, nel senso che sfuggono al controllo della mente che li genera. Lo strumento con cui la mente riprende il controllo delle sue creature è quello che i matematici chiamano “dimostrazione”: al di la dei tecnicismi si tratta, semplicemente, di una spiegazione in grado di fugare ogni dubbio. È una conquista che si dovrebbe fare almeno una volta nella vita, per valutare se vale la pena dello sforzo. Per iniziare non c’è bisogno di prerequisiti, né di titoli di studio. C’è bisogno di osservare un comportamento di qualche oggetto astratto che sfugge alla nostra comprensione, senza restare sopraffatti dal senso di colpa o dal sentimento di impotenza. La matematica è dunque un’attività (e non un insieme di conoscenze) che consiste nel cercare una dimostrazione (e non necessariamente nel trovarla).

A scuola si fa matematica?

Nella maggior parte delle scuole le dimostrazioni sono bandite perché considerate “troppo difficili per gli studenti”, il che equivale a bandire il ritmo dalle lezioni di musica. Nei rari casi in cui viene usato (licei e università) il termine “dimostrazione” indica qualcosa da imparare a mo’ di poesia. Ciò impedisce agli studenti (non esclusi quelli che poi diverranno professori) di cercare spiegazioni per conto proprio e li induce a considerare la matematica un’attività per intelligenze superiori inaccessibile ai comuni mortali. In altre parole, la cosiddetta “ora di matematica” ha a che fare con la matematica non più di quanto le cosiddette “missioni di pace” hanno a che fare con la pace.

A che serve la matematica?

La scuola (o, che è lo stesso, l’Organizzazione per il Commercio e lo Sviluppo dell’Economia) insegna che la matematica è uno strumento necessario ad affrontare la moderna società tecnologica: per andare dal pizzicagnolo, per dirigere una multinazionale e per diventare fisico nucleare bisogna imparare a far di conto. Pur avendo un’istruzione matematica superiore alla media, io non l’ho trovata di grande utilità per affrontare la complessità del nostro mondo: gente perfettamente ignorante di matematica ci riesce molto meglio di me. Ciononostante, delle varie categorie umane in cui potrei essere rinchiuso quella di matematico è tra le poche per cui provo un certo orgoglio di appartenenza. Abituati a ragionare a partire da postulati ammessi esplicitamente, i matematici sono, infatti, persone mediamente più oneste delle altre. In questo senso, la matematica può tornare utile nella vita di tutti i giorni: utile ad essere onesto, ossia fedele alle proprie premesse. D’altra parte, non credo che la presunta utilità sociale sia un buon motivo per dedicarsi alla matematica: come la musica o lo sport, mi sembra più un rifugio dalle bruttezze del nostro mondo che uno strumento per porvi rimedio.

Chi può insegnare la matematica?

Chi non pratica una certa attività non può insegnarla: per insegnare matematica bisogna essere matematici, ma ciò non riguarda la scuola o la laurea. Essere matematici non è un traguardo da raggiungere ma un tipo particolare di curiosità e di interesse. Nessuno ha il diritto di insegnare qualcosa che non trovi egli stesso interessante, nel momento in cui ne parla. Trovare qualcosa di interessante tra gli oggetti matematici è molto più semplice di quanto si creda. Parlarne in modo da farsi capire è un po’ più difficile ma è un obiettivo realizzabile per qualunque persona alfabetizzata. Basta abbandonare l’insulso problema alla base delle scuole di specializzazione all’insegnamento (“Cosa sono in grado di capire i ragazzi?”) in favore di un quesito più onesto e stimolante: “cosa sono in grado di capire io?”. Può insegnare un po’ di matematica chiunque sia in grado di capire un po’ di matematica.

Chi può capire la matematica?

Come il jogging, la matematica è un’attività accessibile a chiunque sia disposto a soffrire un po’. La condizione è necessaria e sufficiente. Il tempo che si è disposti a dedicare ad un problema astratto di cui non si conosce la soluzione (e magari non si sa nemmeno se ne esiste una) misura l’attitudine alla matematica di una persona. Come in qualunque altra attività la differenza di attitudine tra due persone, può essere colmata da una pratica più intensa da parte dell’individuo meno “dotato”. Come per ogni altra attività, c’è poco da aspettarsi da chi la pratica sotto costrizione. Tuttavia, capire qualcosa degli oggetti matematici è un ambizione meno popolare di altre (come giocare a calcio in serie A) non perché più difficile da realizzare ma perché assai peggio pubblicizzata.

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Come molti altri sproloqui on line, anche il presente nasconde l’intenzione di “vendervi” qualcosa. Se non altro però, i prodotti che cerco di pubblicizzare verranno chiamati con il loro nome. Sono due, entrambi ottenibili gratuitamente.

1) La matematica.

Non potete trasformarla in un gioco da ragazzi né renderla più interessante di quanto già non sia. Il bello è tutto lì: nel fatto di costituire una sfida tremendamente difficile, aperta a chiunque abbia un cervello (sono spesso molto utili anche un foglio e una penna, ma si può imparare a fare a meno anche di quelli). Meglio studiarla che provare a renderla simpatica condendola con effetti speciali. Qualche ora a settimana dedicata ai propri quesiti sugli oggetti matematici fornirà più argomenti di mille scuole di specializzazione.

2) Me stesso.

Ho raccolto un po’ di idee matematiche in un libretto: “Numero, forma, dimensione simmetria. Viaggio senza meta nella realtà matematica”. Sono disponibile ad organizzare presentazioni del libro per qualunque gruppo di persone interessato. La presentazione avviene sotto forma di laboratorio matematico aperto ad adulti e bambini, a cui eventualmente far seguire un ciclo di incontri. Il tema che tratto non è rivolto ad un target specifico ma può interessare qualunque essere umano pensante: come nasce un problema matematico.

Saluti.

Rocco De Luca

ruokkko@libero.it

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