Poche volte accade che la lettura di un libro sia in grado di apportare modifiche immediatamente percepibili nella vita di tutti i giorni. A me è capitato, non nel senso di un’improvvisa illuminazione, ma in quello di un grosso contributo apportato dalla lettura nel maturare una svolta che già covavo autonomamente. La svolta consiste nel fatto che oggi, a distanza di qualche anno da quella lettura, non insegno più a scuola. Per mia scelta e senza alcun rimorso.
Il libro in questione è il testo di Paul Lockhart, “Lamento di un matematico: come la scuola ci ruba la nostra forma d’arte più affascinante e immaginifica”. Non mi interessa convincere nessuno e nemmeno aprire un dibattito sull’argomento ma, forse per deformazione professionale, esplicito sempre quello che per me è assodato: il mio insindacabile pregiudizio è che la scuola sia il posto meno adatto per parlare di matematica (oltre a Lockhart l’altro grande ispiratore di questa mia convinzione è stata la SICSI). Sono dunque alla ricerca di un contesto in cui si possa parlare di matematica fuori dall’ambito scolastico: la mia idea è che ciò potrebbe avvenire attraverso appuntamenti fissi tra persone curiose o appassionate, alla stregua di quanto avviene, ad esempio, per i corsi di arti marziali, cucina, fotografia, ecc. In questa sezione si troverà una raccolta di argomenti a sostegno di questa ipotesi e un po’ di materiale per chi vuol saperne di più.